Sono passati quattro anni da quando, a causa di un errore medico, una ragazza di 26 anni è rimasta paralizzata. Il suo malessere iniziale, presentatosi nell’agosto del 2020, fu diagnosticato come un semplice “attacco emotivo”, quando in realtà si trattava di un ictus ischemico. Questo errore diagnostico ha causato un ritardo di quattro giorni nelle cure adeguate, con conseguenze gravi e irreversibili. La giovane, che stava per partire per studiare all’estero, è ora tetraplegica, e il suo mondo si limita alle mura di un appartamento senza ascensore, che la costringe a una dipendenza totale dagli altri.
La famiglia ha intrapreso una battaglia legale, costituendosi parte civile in un processo per lesioni gravissime contro cinque medici. Durante la recente udienza è stata discussa una proposta di risarcimento, la cui valutazione è stata rimandata alla prossima sessione, prevista per giugno. La madre della giovane ha dichiarato che il risarcimento rappresenta l’unica possibilità per dare alla figlia e alla famiglia una vita più serena, permettendo loro di coprire le spese necessarie per un alloggio senza barriere, che garantisca alla ragazza la possibilità di uscire e di proseguire le terapie.
Oggi la situazione è particolarmente complessa. La giovane necessita di cure e medicinali quotidiani, ma è impossibile per lei accedere alla fisioterapia, dato che l’appartamento si trova al terzo piano e la famiglia non riceve alcun aiuto dalle istituzioni. La madre, che assiste la figlia 24 ore su 24, sottolinea l’importanza di un sostegno economico che renda possibile una vita dignitosa e accessibile alla figlia, nonostante la grave condizione fisica in cui si trova.
La famiglia attende quindi che, attraverso il risarcimento, si possa iniziare a vedere una risposta concreta alle loro necessità: una casa priva di barriere, assistenza sanitaria adeguata e continuità nelle cure, elementi indispensabili per restituire un minimo di serenità a una vita cambiata per sempre.
