Una donna di 46 anni è deceduta dopo un intervento di liposuzione eseguito in uno studio di medicina estetica privo di autorizzazioni da oltre 13 anni. Il decesso è avvenuto nella serata di domenica 8 giugno al pronto soccorso di un ospedale romano, dove la paziente è arrivata in gravissime condizioni. Tre operatori sanitari – il medico, l’anestesista e l’infermiera – sono ora indagati per omicidio colposo.
Secondo una prima ricostruzione, la donna si era sottoposta all’intervento nel pomeriggio, in un centro estetico privato situato in zona Torrevecchia. Durante la procedura, ha accusato un malore. Dai primi accertamenti è emerso che la struttura era sprovvista delle autorizzazioni sanitarie necessarie.
Le indagini, condotte dalla polizia e coordinate dalla Procura, ipotizzano che lo staff sanitario abbia tentato manovre di rianimazione senza allertare immediatamente i soccorsi pubblici. Solo dopo un tempo prolungato sarebbe stata contattata un’ambulanza privata. La paziente è stata poi trasferita in ospedale, dove è deceduta nonostante i tentativi di rianimazione durati circa un’ora.
L’ambulatorio è stato posto sotto sequestro. Le autorità stanno verificando le circostanze esatte dell’intervento, la qualità delle attrezzature utilizzate e il motivo per cui non è stato attivato tempestivamente il servizio di emergenza 118. L’inchiesta cercherà anche di chiarire se il malore sia stato provocato da errori medici, complicanze impreviste o inadeguatezze strutturali.
Questo tragico caso si aggiunge a una serie di decessi avvenuti negli ultimi mesi in seguito a interventi di chirurgia estetica effettuati in ambulatori privati. Gli esperti del settore ribadiscono la necessità di regolamentazioni più severe.
«Serve maggiore sicurezza nella medicina estetica», ha dichiarato il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. «Abbiamo chiesto interventi legislativi per limitare la pratica della chirurgia estetica solo a professionisti qualificati, con percorsi formativi adeguati e iscrizione a elenchi certificati dagli Ordini professionali».
L’episodio riaccende l’attenzione sulla necessità di un controllo più rigoroso delle strutture sanitarie private e di un’informazione più trasparente per i pazienti che si sottopongono a trattamenti estetici invasivi.